Il protocollo del B.A.S test si compone, come detto, di due sole prove, la prima una percorrenza massimale sulla distanza dei 2000 metri e la seconda, da effettuarsi sempre a velocità massimale, sui 3000, da svolgersi preferibilmente almeno a 48 ore di distanza l’una dall’altra. Il B.A.S test, che è stato validato attraverso un protocollo scientifico (Bisciotti e coll., 2000, Bisciotti e coll., 2001), permette quindi di ottenere dei dati affidabili, corrispondenti alla velocità di percorrenza a ritmo di soglia anaerobica, con l’utilizzo di un attrezzatura veramente ridotta al minimo: un semplice cronometro. Una volta corse le due distanze, si devono esprimere in secondi i tempi impiegati, la qual cosa si ottiene moltiplicando per 60 il numero dei minuti ed aggiungendo il numero che esprime i secondi; 11’46″ sui 3000 metri e di 7’38″ sui 2000 metri, per esempio, corrispondono a 706 e a 458 secondi. Si applica poi questa formula:
lunghezza della distanza maggiore (3000 m) – lunghezza della distanza minore (2000 m)tempo sui 3000 m – tempo sui 2000 metri. t3 – t2
Nel nostro caso si ha:
3000 m – 2000 m 1000 m
——————— = ————- = 4,03 m/sec
706 sec – 458 sec 248 sec
Quella ricavata può essere definita “velocità critica” e corrisponde piuttosto bene alla soglia anaerobica. E’ espressa in metri al secondo; se si vuole trasformarla in chilometri all’ora, si deve moltiplicare per 3,6 il valore ricavato. Nel nostro caso si ha: 4,03 x 3,6 = 14,508 km/ora. La determinazione della velocità corrispondente alla soglia anaerobica, anche se costituisce un argomento non privo di polemiche, rappresenta comunque un importante indice nel controllo e nella pianificazione dell’allenamento, sia nell’ambito degli sport di resistenza, sia in quello degli sport di squadra come il calcio. Purtroppo la sua determinazione richiede l’impiego di attrezzature specifiche, relativamente costose e/o l’applicazione di protocolli invasivi, non sempre graditi dall’atleta e neppure di facile esecuzione per il preparatore atletico. In effetti credo, come tutti coloro i quali si cimentino quotidianamente sul campo, che una buona parte di test, indubbiamente giustamente noti per la loro validità scientifica, siano in verità poco proponibili in condizioni reali di controllo “su campo” dell’allenamento”, proprio per la loro scarsa praticità. Da qui nasce l’esigenza di un compromesso accettabile tra validità scientifica, e quindi affidabilità dei dati raccolti, e praticità di esecuzione del protocollo del test prescelto.