1. Telemetria cardiaca calcio: allenamento e match

    1 giugno 2010 by Emiliano Adinolfi

    telemetria

     

     

     

     

     

     

     

     

    Dopo aver approfondito uno dei metodi più innovativi nel calcio moderno chiamato match analysis, spostiamo la nostra attenzione su un altro strumento tecnologico utilizzato in allenamento e in gara,la telemetria cardiaca. Molti club professionistici di grande livello, hanno investito molto sulla prevenzione degli infortuni e il potenziamento dello staff tecnico al fianco del responsabile della prima squadra. Infatti molte figure professionali sono entrate a far parte stabilmente nei quadri tecnici delle società: preparatori atletici e fisici, psicologi dello sport, esperti di alimentazione, motivatori, analisti della prestazione e scouting. La telemetria è un sistema che permette di monitorare la frequenza cardiaca di una persona durante l’allenamento, in totale libertà, senza limitarne il movimento con collegamenti wireless. Visualizzando la frequenza cardiaca in tempo reale e fornendo una valutazione immediata della performance, il sistema permette un’analisi tempestiva e precisa della reazione alle sollecitazioni nelle varie fasi dell’attività fisica. In questo modo garantisce a ciascuno il raggiungimento controllato dei propri obiettivi di allenamento. Il sistema è composto da un trasmettitore indossato insieme a una fascia toracica che misura la frequenza cardiaca, da un ricevitore e dal software.Il trasmettitore intercetta la frequenza cardiaca degli sportivi misurata dalla fascia toracica ed in tempo reale invia i dati al ricevitore e da questo al computer dove il software li elabora e li visualizza in modo chiaro ed efficace anche attraverso semafori e tavole di facile lettura. Il software elabora la frequenza cardiaca determinando e aggiornando in tempo reale i valori minimi, massimi e medi, il consumo calorico teorico e il consumo teorico d’ossigeno. Terminata la seduta d’allenamento memorizza con un solo comando le registrazioni di frequenza cardiaca di tutti i soggetti contemporaneamente, senza dover scaricare ed elaborare singolarmente i dati di ogni individuo. Con questo sistema altamente tecnologico è possibile monitorare un esercitazione tattica, controllando lo sforzo specifico per ogni ruolo.


  2. Core Stability nel calcio

    11 maggio 2010 by Emiliano Adinolfi

     

     

     

     

     

     

     

     

    Il termine “Core Stability” è diventato recentemente molto in voga e spesso abusato.
    Tuttavia la sua popolarità ha dei fondamenti concreti ed una stabilizzazione efficace deve essere presa in considerazione in volta che si affrontino temi come prestazioni a livello agonistico, prevenzione di dolori, lesioni e riabilitazione.
    Infatti il risultato funzionale di una ottimale “Core Stability” è la capacità di operare un adeguato controllo motorio e quindi di mantenere una postura corretta particolarmente della zona lombare e pelvica, che rappresentano due distretti delicati di ogni sportivo, ma anche di un qualunque individuo nello svolgimento delle attività quotidiane. Ad esempio, in tutte le attività che comportano la corsa, una ottimale “Core Stability” permette all’atleta di applicare le sue forze in modo più efficace (correre più velocemente), riducendo contemporaneamente il rischio di infortunio e di re-infortunio.
    I muscoli che sono coinvolti nella stabilizzazione del “Core” sono principalmente:

    - il traverso dell’addome
    - gli obliqui esterni
    - gli obliqui interni
    - il retto addominale
    - il quadrato dei lombi
    - i dorsali
    - il multifido

    In effetti, è interessante notare che sin dal 1920 Joseph Pilates parlava già di sviluppare una “cintura di forza” imparando a reclutare i muscoli profondi del tronco. Pur senza una completa conoscenza dell’anatomia e dei vantaggi che oggi offrono le ricerche sull’attività muscolare, lui era già consapevole dell’importanza di questi muscoli e del loro effetto di supporto.
    Poco più di una decade fa, il concetto di “Core Stability” ha ricevuto una nuova spinta evolutiva grazie agli studi sulla colonna lombare e sulle disfunzioni e lesioni ad essa associate.
    Hodgs e Richardson hanno descritto l’area della colonna lombare e dei lombi come intrinsecamente instabile. In termini pratici questo significa che la colonna lombare affida la sua stabilità ai muscoli che supportano attivamente quest’area, in accordo con quanto trattato a proposito del modello di Panjabi. Questo “supporto” attivo ha origine da 4 meccanismi; la tensione dalla fascia toraco-lombare; pressione intra-addominale; muscoli paraspinali e gli estensori lombari profondi.
    La fascia toraco lombare (FTL) può fornire un supporto elastico alla zona lombare attraverso l’attività dei muscoli profondi del tronco.
    Il trasverso dell’addome (TrA) e i muscoli obliqui interni (IO) si connettono entrambi alla FTL. Questa fascia avvolge la colonna, collegando ad essa i muscoli profondi del tronco. Quando il TrA si contrae, aumenta la tensione sulla FTL che in risposta trasmette un forza di compressione alla colonna lombare, aumentandone la stabilità. Inoltre l’aumento della tensione della FTL, comprime i muscoli erettore della colonna ed il multifido, incoraggiando questi alla contrazione ed a resistere alle forze di flessione sulla colonna. Il meccanismo di pressione intra-addominale (IAP) fornisce un elemento di supporto all’intera area lombare. Una contrazione del pavimento pelvico, del trasverso dell’addome, o dell’obliquo interno e dei muscoli della parte bassa della schiena, aumentano la IAP, che in risposta, esercita una forza elastica sulla guaina del retto addominale (RA). Questa guaina avvolge il retto addominale e si collega ai muscoli obliqui interni ed al TrA, circondando l’addome.
    Questo “sacco d’aria” riduce la compressione e spezza le forze che agiscono sulla colonna.
    La ricerca mostra che la IAP aumenta prima e durante esercizi di sollevamento ed anche durante la corsa, avvallando l’idea che essa giochi un ruolo cruciale nella stabilità lombare.
    Le ricerche hanno anche dimostrato l’importanza dei muscoli profondi paraspinali e lombari in quanto stabilizzatori.
    E’ probabile che questi muscoli agiscano con una contrazione statica per resistere ad ogni estensione lombare e forze torsionali. I muscoli paraspinali – interspinali ed intertrasversali – garantiscono un effetto individuale stabilizzante sulle vertebre a loro adiacenti, agendo in modo analogo a dei legamenti.
    Si è dimostrato che il muscolo multifido risulta attivo durante l’intera gamma di movimenti della zona lombare e durante i movimenti dei lombi alti e bassi.
    Da questa breve spiegazione anatomica e della ricerca relativa ai muscoli dell’area lombare, è chiaro che i muscoli profondi del corpo – trasverso, multifido, obliquo interno, paraspinali e pavimento pelvico – sono la chiave del supporto attivo della colonna lombare e quindi della stabilizzazione della zona stessa.
    La co-contrazione di questi muscoli produce delle forze che, attraverso la FTL ed il meccanismo della IAP, stabilizzano la colonna, e i muscoli paraspinali ed il multifido agiscono direttamente nel resistere alle forze che agiscono sulla colonna lombare.
    Ulteriori studi hanno dimostrato che non è soltanto il reclutamento di questi muscoli profondi del tronco che è importante ma soprattutto come essi vengono reclutati.