Lavoro tattico e fisico:è possibile?
Pensiero condiviso da tutti i giocatori, da molti allenatori e da quei preparatori che vedono nel lavoro tecnico tattico una buona occasione per far lavorare in maniera specifica e motivante i calciatori.
In un precedente articolo apparso su questo blog ho riportato i risultati di un breve studio improntato sul confronto tra lavori “ a secco” e lavori con la palla, risultati che sostenevano la validità del lavoro con la palla a patto che lo stesso fosse svolto con determinati criteri e monitorato. Le conclusioni del lavoro infatti determinavano una pari possibilità, tra lavori con la palla e senza palla, di raggiungere l’obiettivo organico ricercato in un determinato allenamento, con l’unico limite legato alla possibilità di controllare il carico effettivo del lavoro con la palla. A questo punto aggiungerei, provocatoriamente, una nota: il 75-80% del complessivo lavoro di un calciatore viene svolto con la palla e solo il 20-25% senza. Se anche di questa parte posso sapere tutto (Potenza sviluppata, velocità, frequenze cardiache, etc.), cosa so dell’altra e più corposa parte se non la verifico? E, soprattutto, quanto può essere determinante il contributo di quel 20-25% rispetto al 75-80′% nel risultato finale?
Per cercare di capirne un po’ di più, con altri colleghi abbiamo iniziato ad indagare, da diverse stagioni, su quali possano essere le modalità e le variabili che maggiormente incidono sull’orientamento delle esercitazioni con la palla.
Numero di giocatori, numero di tocchi, dimensioni del campo, regole particolari, ciascuna di queste voci può determinare teoricamente un cambiamento radicale nell’intensità dell’esercitazione, provocando un cambiamento degli obiettivi del lavoro. Ma in quale misura queste caratteristiche tecniche incidono sul risultato finale dell’esercitazione? In un lavoro precedente effettuato con dei giocatori , avevo verificato che la dimensione del campo ha piu’ influenza sull’intensità del lavoro che non il numero di tocchi. Un possesso palla 4 contro 4 in un campo 20x40m effettuato per 3’, è molto piu’ impegnativo ad esempio (dal 92 al 100% HRM) rispetto al medesimo lavoro svolto su di un campo 20x30m (dal 84 al 95% HRM), anche se, è giusto ricordarlo, l’impegno muscolare nel secondo caso risulta, a sensazione del giocatore, maggiore.
Collaborando con diversi allenatori e con squadre di diverse categorie, ho provato a verificare sul campo se alcune esercitazioni, che venivano abitualmente utilizzate come mezzi allenanti per determinate qualità fisiologiche, fossero realmente in grado di centrare l’obiettivo. Dovendo effettuare un lavoro condizionante per incrementare la capacità lattacida specifica e la potenza aerobica, a 60 giocatori (40 professionisti, appartenenti a due diversi club della serie C1, e 20 dilettanti) dei quali era nota la massima frequenza utile e la frequenza di soglia (dati ottenuti attraverso il test di Leger) è stata proposta un’esercitazione di possesso palla 5 contro 5, in un campo 20x40m, della durata di 4’ con 2’ di recupero tra ciascuna esercitazione, per un totale di 3 esercitazioni per ciascun gruppo.
Durante il lavoro, avevamo come obiettivo quello di far lavorare i giocatori tra l’85 ed il 95% della massima frequenza cardiaca (HRM). Tale lavoro è stato effettuato per 3 allenamenti da ciascun gruppo, a distanza di una settimana uno dall’altro. Con gli allenatori avevamo stabilito che, durante l’esercitazione, avremmo chiesto ai giocatori di eseguire l’esercitazione ad un tocco, a due tocchi ed a tocco libero in modo da, così si supponeva, rendere piu’ o meno impegnativa l’esercitazione. Normalmente, infatti, si pensa che un’esercitazione con la palla ad un tocco sia piu’ impegnativa di una a tocco libero. Con il sistema di telemetria cardiaca Hosand TM 200 potevo monitorare l’intensità del lavoro e suggerire all’allenatore se e quando modificare il numero di tocchi.
Con tutti e tre i gruppi di lavoro abbiamo verificato che, a differenza di quanto si era supposto, non vi era una marcata differenza tra le fasi ad un tocco, a due tocchi od a tocco libero, indipendentemente dall’ordine in cui le stesse venivano proposte. Il lavoro veniva comunque svolto dalla maggior parte dei giocatori all’interno dei limiti cardiaci richiesti, con differenze che oscillavano dal 1 al 3% tra le diverse fasi ma non in modo costante (in alcuni giocatori l’impegno maggiore non coincideva sempre con la stessa quantità d tocchi imposta). Nei professionisti c’era effettivamente una leggera differenza a favore del lavoro ad un tocco ma in misura poco significativa (meno del 2%), mentre nei dilettanti si è verificato l’esatto opposto: il lavoro piu’ faticoso risultava essere quello a tocco libero, con una differenza di poco superiore al 3% rispetto al lavoro ad un tocco. Abbiamo ipotizzato che tale risposta nei dilettanti possa essere dovuta, oltre che al maggior dispendio energetico che la corsa con la palla impone, anche allo scarso livello tecnico dei giocatori che, compiendo molti errori nelle esercitazioni ad uno e due tocchi, trovano nel lavoro a tocco libero l’unico momento in cui realmente impegnarsi per recuperare la palla.
Pur limitatamente ad esercitazioni di possesso palla, questi dati ci forniscono la possibilità di suggerire all’allenatore l’utilizzo di una variabile (la dimensione del campo) piuttosto che un’altra (il numero di tocchi) per determinare una maggiore o minore intensità del lavoro.
Altri lavori molto interessanti sono stati sviluppati da altri gruppi di lavoro su temi simili, con risultati particolarmente interessanti dal punto di vista pratico (vedi anche l’articolo: Variabili che influenzano l’intensità nelle esercitazioni con la palla di Ermanno Rampinini, Franco M. Impellizzeri, Carlo Castagna, Agostino Tibaudi e Samuele Marcora.
Tratto da calciatori.com