25 luglio 2011 dedicata al derby Juventus-Torino 3-3
Siamo in piena Zona Cesarini infatti quando il direttore di gara decreta un rigore in favore della Juve per una normale trattenuta di gioco. È un regalo infiocchettato e pronto per essere scartato e stavolta sembra davvero finita per l’orgoglioso Torino. I granata impazziscono di rabbia e circondano l’arbitro per urlargli di tutto. Tutti tranne uno, Riccardo Maspero, che approfitta della confusione e si avvicina al dischetto. Zitto zitto inizia a scavare con la punta del piede una piccola buca: un paio di colpetti a destra, un altro paio a sinistra e il gioco è fatto. Accade poi che il Matador Salas appoggi la palla proprio nel piccolo fosso e che al fischio arbitrale la palla da lui calciata si impenni in maniera ridicola, per finire in orbita. È finita, la beffa è compiuta: per tutti quel derby rimarrà quello della buca di Maspero.
Dal film Miracle, che racconta la vera storia della nazionale olimpica di hockey americana del 1980 che realizzò una delle più grandi imprese della storia dello sport.
Non so cosa dirvi davvero. 3 minuti alla nostra più difficile sfida professionale. Tutto si decide oggi. Ora noi o risorgiamo come squadra o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro, fino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso signori miei. Credetemi. E possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce. Possiamo scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta. Io però non posso farlo per voi. Sono troppo vecchio. Mi guardo intorno, vedo i vostri giovani volti e penso “certo che ho commesso tutti gli errori che un uomo di mezza età possa fare” Si perché io ho sperperato tutti i miei soldi, che ci crediate o no. Ho cacciato via tutti quelli che mi volevano bene e da qualche anno mi da anche fastidio la faccia che vedo nello specchio. Sapete con il tempo, con l’età, tante cose ci vengono tolte, ma questo fa parte della vita. Però tu lo impari solo quando quelle le cominci a perdere e scopri che la vita è un gioco di centimetri, e così è il football. Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine di errore è ridottissimo. Mezzo passo fatto in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate, mezzo secondo troppo veloce o troppo lento e mancate la presa. Ma i centimetri che ci servono, sono dappertutto, sono intorno a noi, ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo. In questa squadra si combatte per un centimetro, in questa squadra ci massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire. E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro, e io so che se potrò avere una esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì, in questo consiste. In quei 10 centimetri davanti alla faccia, ma io non posso obbligarvi a lottare. Dovete guardare il compagno che vi sta accanto, guardarlo negli occhi, io scommetto che vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che vi troverete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra signori miei. Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo, o saremo annientati individualmente. È il football ragazzi, è tutto qui.