1. L’Empoli di Mister Sarri

    10 maggio 2015 by Emiliano Adinolfi

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    Alla scoperta del’Empoli di Mister Sarri:

    Partiamo da un dato numerico: il 41% dei gol segnati quest’anno dall’Empoli nascono da un’azione di calcio d’angolo. Ma non soffermiamoci ai corner, estendiamo questa statistica a tutte le palle inattive ed ecco che la percentuale sale notevolmente: 59%. Mica male. Quasi 6 gol ogni 10 segnati dalla formazione toscana nascono da una situazione a palla ferma, tanto per far capire l’organizzazione maniacale che sta dietro alle partite preparate da Sarri. Non è un caso, infatti, che il miglior marcatore di questa squadra sia Lorenzo Tonelli, a quota 4 gol, e che ben 7 delle 17 reti totali siano state segnate dai difensori centrali (4 Tonelli, 2 Rugani, 1 Barba). Ed a proposito delle palle inattive, sono anni ormai che Sarri si porta dietro la leggenda dei 33 schemi: una serie di movimenti differenti per ogni situazione, dai corner ai calci di punizione, passando perfino per le rimesse laterali. Ma ogni volta che qualche giornalista prova a fargli una domanda riguardo a questo enorme numero di soluzioni, la sua risposta spesso e volentieri suona così:

    Si tratta di una diceria nata quando allenavo la Sansovino. Ci rimasi per tre anni ed ovviamente gli schemi si sommarono, ma la realtà è che in allenamento ne proviamo 4-5, come tutti

    Che siano 33 o 4-5 poco importa comunque, perché l’Empoli in questa Serie A ha già dimostrato di poter far male a qualsiasi squadra su calcio piazzato. Ne sa qualcosa il Milan (non proprio una delle migliori difese nelle situazioni di palla inattiva), che al Castellani è andato sotto 2-0 proprio grazie a questi schemi, ma anche la Lazio e il Palermo, entrambe cadute sul terreno di gioco empolese.

    Non pensate, però, che Sarri sia un allenatore all’antica, integralista e mentalmente chiuso. Perché è completamente l’opposto.Potremmo definirlo un vero e proprio cultore del gioco del calcio. Il 4-3-1-2 del suo Empoli ne è la dimostrazione più lampante: una squadra ordinata, ben messa in campo, in cui tutti i giocatori sanno esattamente cosa fare con e senza palla. Durante le partite prende appunti sul suo preziosissimo taccuino, in modo da non dimenticare nulla di quanto notato nei 90’. Ma il lavoro prosegue anche quando gli incontri delle sue squadre sono terminati. Ore e ore davanti al computer, ad analizzare dati, a rivedere immagini. “Studio tattica anche 13 ore al giorno prima delle partite importanti”, ammette. È uno di quelli che bada al sodo, Sarri, che lascia all’apparenza il tempo che trova. Ed anche per questo non lo vedrete mai in giacca e cravatta.

    Calci Piazzati contro?

    La zona integrale dell’Empoli sui calci piazzati difensivi. Si nota un giocatore sul primo palo, quattro difensori in linea e due leggermente più avanzati. Gli altri, cercano di ostacolare gli inserimenti degli avversari.  La scelta di marcare a zona nasce da un’esigenza tattico-atletica. L’Empoli ha i soli Vecino e Rugani al di sopra del metro e 85, dunque è portato a soffrire particolarmente gli uno contro uno che si genererebbero dalle situazioni di marcatura individuale. Ma, con una zona attenta e riadattata a seconda dell’avversario, riesce a mascherare questa pecca. Anche qui, paga il lavoro fatto in settimana. 

    L’ultima invenzione di Maurizio Sarri è un drone che sorvola il campo di allenamento per riprendere dall’alto i movimenti della squadra. Ha fatto la sua comparsa oggi, mercoledì, ed è soprattutto un esperimento che lo staff tecnico ha intenzione di portare avanti per valutarne i risultati. Il drone viene pilotato dall’esterno e sorvola i giocatori al lavoro. Ha una telecamera che consente di inquadrare tutto il campo: il pilota lo dirige a seconda di quello che il vice di Sarri, Ciccio Calzona, gli dice di riprendere. I filmati vengono visionati attraverso un monitor. In seguito saranno tagliati, montati e mostrati ai giocatori per correggere gli errori. Una novità hi-tech che la dice lunga sull’accuratezza che i tecnici azzurri, con Sarri in testa al gruppo, hanno nei confronti del lavoro quotidiano.

     

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  2. TeamWork

    by Emiliano Adinolfi

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    Come gestire se stessi e gli altri in una società complessa”, condotta da Julio Velasco.

    Velasco non ha bisogno di presentazioni: è un’icona della pallavolo. Ha guidato, oltre a numerose squadre di club, la Nazionale italiana maschile (dal 1989 al 1996) e quella femminile (dal 1997 al 1998).

    Con gli azzurri, soprannominati “generazione di fenomeni” (e premiati, successivamente, come “Squadra del secolo” dalla Federazione Internazionale di VolleyBall), ha collezionato 3 ori europei, 2 mondiali e 5 vittorie nella World League. E’ l’unico allenatore ad aver vinto il titolo continentale sia in Europa (con la nazionale italiana) sia in Asia (con la nazionale Iraniana).

    Di Velasco mi hanno colpito soprattutto l’autenticità, l’umiltà, la grande esperienza e, in particolare, la straordinaria umanità.

    Nel suo intervento ha trattato, con chiarezza e leggerezza, diverse tematiche legate alla comunicazione, al lavoro in gruppo, alla leadership, al successo, ecc.

    Per riuscire a vincere o, più in generale, ad avere successo, è necessario attivare, come prima cosa, un atteggiamento mentale appropriato. Ecco alcune delle osservazioni di Velasco che mi sembrano particolarmente adatte anche all’ambito della creatività e dell’innovazione:


    1. “La realtà è così com’è, non come dovrebbe essere” (J. Velasco)

    Julio raccontava che, quando era ragazzo, d’estate partecipava a tornei di pallavolo sulla spiaggia con gli amici e la sua squadra (che annoverava diversi giocatori esperti) spesso perdeva. Le obiezioni più comuni erano: “Sulla sabbia non riesco a saltare bene …”, “Ho il sole negli occhi …”, “Il vento devia la traiettoria della palla …” , ecc.
    Anche nei contesti aziendali mi capita di ascoltare frasi di questo genere …

    La (dura) verità è che la realtà in cui ci troviamo ad operare non è come vorremmo che sia (agevole, ordinata, prevedibile) ma è quella che è. Le persone creative, così come le squadre vincenti, sono quelle che, in tale realtà, riescono a dare il meglio si sé.

    Possiamo domandarci, allora: “Nonostante questa situazione difficile, quali strategie posso attuare per raggiungere il mio obiettivo?”.


    2. “O troveremo una strada, o ne apriremo una” (Annibale)

    Questa frase, suggerita dall’amico Sebastiano Zanolli, rende perfettamente l’idea della determinazione. Julio ha ribadito più volte l’importanza di concentrare tutte le energie della squadra sull’obiettivo, senza timori o ripensamenti. Ha ricordato anche lo stratagemma utilizzato da Hernán Cortés, il condottiero spagnolo che nel 1519 conquistò il Messico.

    Cortés, giunto sulle coste messicane, vide che i suoi marinai avevano ormeggiato le navi con la prua verso il mare, pronti a fuggire in caso di difficoltà. Durante la notte, allora, fece bruciare le navi e ai marinai timorosi che chiedevano che cosa avrebbero fatto in caso di sconfitta rispose: “Resta solo una possibilità … vincere e tornare a casa con le navi del nemico!”.

    Le soluzioni più innovative sono state conseguite da team e aziende che hanno deciso di procedere, con determinazione, nella realizzazione di una nuova idea.

    Domandiamoci: “Quali sono le ‘vie di fuga’ che rischiano di sottrarre energie al nostro progetto?”, “In che modo posso ‘bruciare le navi’ e favorire la concentrazione del mio team?”.


    3. “Ciò che pensiamo già di sapere ci impedisce di imparare cose nuove” (C. Bernard)

    Le squadre vincenti sono quelle che non smettono mai di imparare, quelle che riescono a cogliere sfumature sempre più “sottili” nel lavoro da svolgere.

    Velasco suggerisce a tutti, sportivi e manager, di imparare qualcosa di nuovo al di fuori del proprio contesto di lavoro. Iscriversi a corsi di cucina, di bricolage, di danza (Julio frequenta un corso di tango) consente di rafforzare e di vivacizzare le nostre abilità di apprendimento.

    Più volte anch’io ho suggerito di introdurre frequenti variazioni nelle modalità lavorative, nelle letture, nei corsi da seguire, per arricchire il più possibile il bagaglio delle nostre conoscenze.

    Chiediamoci: “Come posso migliorare le mie capacità di apprendimento?”, “Che cosa mi piacerebbe imparare (al di fuori del mio ambito lavorativo)?”

    4. “Evitare la cultura dell’alibi” (Velasco)

    Nello sport, così come nella vita lavorativa, prima o poi capita di sbagliare. Julio ci ha confidato che una delle cose che lo fanno più innervosire è la reazione dei giocatori che, davanti ad un errore, non si prendono le loro responsabilità.

    Negare uno sbaglio, oltre ad essere un atteggiamento arrogante, rappresenta, per Velasco, uno “spreco” di energia che, invece, potrebbe essere utilizzata per trovare una soluzione.

    In situazioni di questo genere possiamo reagire in due modi: cercare un “capro espiatorio”, denigrarlo e lasciare le cose come stanno, oppure domandarci perché è stato commesso l’errore, analizzarlo e individuare, insieme, dei rimedi adeguati.

    Numerose tecniche di creatività si focalizzano prima sull’analisi dei fattori che hanno contribuito al verificarsi dell’errore e poi sulle possibili strategie risolutive. Questo approccio consente di creare una situazione di apprendimento e di condivisione, di risolvere il problema e di migliorare le relazioni tra le persone.

    Domandiamoci: “Come tendiamo a reagire quando sbagliamo?”, “Come possiamo agire la prossima volta che ci troviamo di fronte ad un errore (nostro o altrui)?”.


    5. “Far vedere è meglio che spiegare, far fare è meglio che far vedere” (Velasco)

    Per favorire l’apprendimento e la crescita di un team, è molto importante dare l’esempio. Il leader di un gruppo deve mostrare le modalità di lavoro e il comportamento che vuole vedere realizzato dagli altri.

    Julio suggerisce di seguire, nella formazione sportiva (ma anche in quella alla creatività, aggiungo io), un percorso graduale centrato su questi tre steps:

    - abituare: introdurre degli esercizi quotidiani che, con il tempo, devono diventare “naturali”;
    - insegnare: fornire conoscenze teoriche e pratiche su un certo argomento;
    - allenare: praticare quello che la persona ha già imparato, per perfezionarlo e portarlo al miglior livello possibile.

    L’efficacia dell’apprendimento esperienziale, d’altra parte, è nota da tempo; diversi autori (John Dewey, David Kolb, Kurt Lewin, Jean Piaget, ecc.) hanno evidenziato le potenzialità dell’esperienza diretta e concreta, rafforzata dalla riflessione individuale e in gruppo.

    Questo approccio si dimostra particolarmente utile per sviluppare le abilità di problem solving, per imparare a fronteggiare in prima persona situazioni complesse, per rafforzare i comportamenti più creativi.

    Possiamo chiederci: “Come posso utilizzare questo approccio nel mio lavoro?”, “In quali modi posso stimolare i miei collaboratori a migliorare sempre più?”.
    6. “Chi vince festeggia, chi perde spiega” (Velasco)

    Le vittorie più importanti, ha ricordato Velasco, sono contro di noi e i nostri limiti. Se scegliamo di affrontare, a viso aperto, le nostre paure, le nostre lacune, i nostri difetti, siamo sulla strada verso il successo.

    Quando si vince, nello sport come nel lavoro, tendiamo a festeggiare senza fare particolare attenzione ad analisi e verifiche, mentre quando si perde cominciano i “processi” ai giocatori e all’allenatore.

    L’insuccesso rappresenta, secondo me, un’importante occasione di verifica e di crescita: “L’unico vero fallimento”, come ricorda il filosofo Antony Grayling, sta nel permettere alla sconfitta di avere la meglio su di noi”.

    Julio esorta, invece, ad imparare molto anche dalle vittorie, valutando i nostri meriti e, contemporaneamente, quelli dell’avversario, cercando di individuare le abilità che possiamo ulteriormente migliorare.

    Scegliere di giocare contro i più forti è un altro suggerimento prezioso per verificare le nostre capacità e perfezionare la nostra preparazione. Accogliere impegni lavorativi sempre più sfidanti ci stimola a dare il meglio e ad incrementare la nostra creatività.

    Domandiamoci: “Chi è molto bravo nel nostro ambito lavorativo?”, “Che cosa possiamo imparare da lui/lei?”.


    Un simpatico epilogo

    Alla fine della relazione di Velasco è stato riservato uno spazio per le domande. Alcune mi sono sembrate interessanti (come riconoscere i talenti, come favorire il lavoro in gruppo, ecc.), altre decisamente banali.

    Verso la conclusione della giornata ho colto l’opportunità di chiedere a Velasco se l’umorismo fosse un ostacolo o un aiuto alle performance di un team: secondo te, cosa mi ha risposto?

    Ha confermato, ancora una volta, l’importanza dell’umorismo per ridurre la tensione e lo stress, per rendere più piacevoli trasferte ed attese, per creare unione e affiatamento nel team.

    Fonte:“Come gestire se stessi e gli altri in una società complessa”, Julio Velasco.


  3. ADINOLFI EMILIANO,ABBRACCIA IL SUO MOROLO!

    7 maggio 2015 by Emiliano Adinolfi

     

    Adinolfi E.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Obiettivo raggiunto, anche se con il brivido finale.

    Il Morolo ha festeggiato davanti al proprio pubblico, battendo il Cassino grazie alla rete dell’ex Calcagni e staccando dunque il visto per un’altra stagione da vivere tra le big del nostro calcio regionale.

    Emiliano Adinolfi (nella foto in compagnia di Colafranceschi, ndr), da due stagioni sulla panchina biancorossa, sta definendo in questi giorni la sua permanenza in biancorosso.

    Con la famiglia Costantini si è creato un legame solido e con il direttore sportivo Pistolesi esiste da anni un rapporto di fiducia e stima reciproche.

    Gli ingredienti per proseguire il cammino insieme ci sono tutti insomma.

    Prima di tutto, però, il giovane tecnico ceccanese vuole tirare le somme di una stagione che si è rivelata estremamente complessa anche per l’equilibrio che, fatte salve le prime quattro forze del torneo, regnava nel Girone B di Eccellenza.

     

    Adinolfi, il campionato si è ufficialmente concluso da due giorni.

    Che voto darebbe alla sua squadra?

    “Sicuramente un bel sette.

    Rispetto alla stagione precedente avevamo allestito una rosa dall’età media ancor più giovane e questo ha evidentemente causato delle difficoltà.

    L’importante era però centrare la salvezza e l’obiettivo, pur a fatica, è stato raggiunto”.

    E che voto darebbe a se stesso?

    “Penso di meritare un voto analogo.

    Nessuno si aspettava un girone d’andata del genere, poi abbiamo avuto delle difficoltà ed in quei momenti ci siamo detti di rimanere compatti.

    Forse potevamo fare tutti di più, ma comunque il risultato auspicato, la salvezza, è comunque arrivato e per questo non posso non ringraziare tutto lo staff, dal magazziniere ai fisioterapisti.

    Sono stati tutti fondamentali”.

    All’andata avevate messo in cascina ventiquattro punti, mentre al ritorno ne avete conquistati solo la metà.

    Cosa è accaduto da gennaio in poi?

    “Credo che ad averci penalizzato siano stati dei cali di concentrazione ed anche le assenze importanti di alcuni tra i nostri pochi elementi di esperienza come Colò e Rinaldi.

    Va però aggiunto che questo è stato un campionato molto equilibrato ed era quindi normale che tutto si sarebbe risolto all’ultima giornata”.

    Tra le dirette rivali qualcuno ha però storto la bocca di fronte al vostro ultimo successo contro il Cassino…

    “Vanno prese in considerazione le motivazioni delle due squadre.

    Il Cassino è stato protagonista nella prima fase del campionato, mentre al ritorno è finito alle spalle delle prime quattro.

    Noi invece avevamo l’acqua alla gola e durante i novanta minuti, oltre al gol, abbiamo anche preso un palo ed una traversa.

    Nonostante questo, ricordo che quasi allo scadere abbiamo rischiato moltissimo su un’indecisione del nostro portiere Pocino.

    Insomma, è stata partita vera”.

    Quella che si è appena conclusa è stata per lei la quarta stagione da tecnico in Eccellenza.

    Quanto si sente cresciuto rispetto agli inizi?

    Mi sento certamente arricchito sotto il profilo dell’esperienza.

    Soprattutto nel corso di questo ultimo campionato c’è stato molto da lavorare, non soltanto dal punto di vista tattico, ma direi soprattutto da quello mentale con la squadra”.

    Chiederle se anche l’anno venturo resterà a Morolo è prematuro?

    “Qualche offerta da parte di club del circondario è arrivata, però la mia priorità va al Morolo.

    Con il presidente c’è sintonia e credo che la volontà della società sia quella di alzare il tiro dopo un paio d’anni di ridimensionamento e di linea verde.

    L’obiettivo sarebbe quello di costruire una squadra capace di chiudere tra le prime otto l’anno prossimo.

    Nelle prossime settimane ci metteremo a tavolino e decideremo, però le premesse per andare avanti insieme ci sono tutte.

    Adesso però bisogna completare il lavoro, visto che io mi occupo anche del setotre giovanile e lì i tornei non sono ancora finiti”.

    Pistolesi si è rivelato un punto di riferimento prezioso per lei.

    “Francesco è un riferimento qui a Morolo.

    Con lui ci conosciamo da anni.

    Siamo stati compagni di squadra a Ferentino, vincendo un campionato, ed anni dopo è stato mio calciatore a Ceccano e qui a Morolo.

    E’ una persona seria, competente e che vuole migliorarsi ogni giorno di più”.

    Il rammarico resta sempre la scarsa affluenza al Marrocco.

    “Negli ultimi anni c’è stato un calo evidente ed al campo sono venute pochissime persone.

    Siamo una piccola comunità ed anche la crisi economica incide.

    In passato Morolo ha dimostrato che può riversare sulla squadra una grande passione.

    Magari il prossimo anno molti si riavvicineranno, se il club deciderà di attuare una politica diversa…”.

    L’ha sopresa l’epilogo al vertice nel vostro girone?

    “Le prime quattro hanno tutte disputato un grande campionato e meritano i complimenti.

    Probabilmente Albalonga e Serpentara sono quelle che hanno impressionato di più nel girone di ritorno.

    Noi siamo stati causa involontaria dell’esonero di Lauretti all’andata e di lì in poi hanno letteralmente cambiato marcia.

    Credo abbiano meritato pienamente questo successo”.

    Domenica prossima Colleferro e Serpentara si troveranno di fronte per stabilire chi ci rappresenterà insieme allo Sporting Città di Fiumicino nella fase nazionale dei play-off.

    Chi vede favorito?

    “E’ davvero complicato lanciarsi in un pronostico.

    Il Colleferro ha forse più individualità, ma il Serpentara sembra più squadra.

    Personalmente ho grande stima di Lucidi e penso possa farcela”.

    Fonte:FuoriaAreaSportinOro