TeamWork

10 maggio 2015 by Emiliano Adinolfi

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Come gestire se stessi e gli altri in una società complessa”, condotta da Julio Velasco.

Velasco non ha bisogno di presentazioni: è un’icona della pallavolo. Ha guidato, oltre a numerose squadre di club, la Nazionale italiana maschile (dal 1989 al 1996) e quella femminile (dal 1997 al 1998).

Con gli azzurri, soprannominati “generazione di fenomeni” (e premiati, successivamente, come “Squadra del secolo” dalla Federazione Internazionale di VolleyBall), ha collezionato 3 ori europei, 2 mondiali e 5 vittorie nella World League. E’ l’unico allenatore ad aver vinto il titolo continentale sia in Europa (con la nazionale italiana) sia in Asia (con la nazionale Iraniana).

Di Velasco mi hanno colpito soprattutto l’autenticità, l’umiltà, la grande esperienza e, in particolare, la straordinaria umanità.

Nel suo intervento ha trattato, con chiarezza e leggerezza, diverse tematiche legate alla comunicazione, al lavoro in gruppo, alla leadership, al successo, ecc.

Per riuscire a vincere o, più in generale, ad avere successo, è necessario attivare, come prima cosa, un atteggiamento mentale appropriato. Ecco alcune delle osservazioni di Velasco che mi sembrano particolarmente adatte anche all’ambito della creatività e dell’innovazione:


1. “La realtà è così com’è, non come dovrebbe essere” (J. Velasco)

Julio raccontava che, quando era ragazzo, d’estate partecipava a tornei di pallavolo sulla spiaggia con gli amici e la sua squadra (che annoverava diversi giocatori esperti) spesso perdeva. Le obiezioni più comuni erano: “Sulla sabbia non riesco a saltare bene …”, “Ho il sole negli occhi …”, “Il vento devia la traiettoria della palla …” , ecc.
Anche nei contesti aziendali mi capita di ascoltare frasi di questo genere …

La (dura) verità è che la realtà in cui ci troviamo ad operare non è come vorremmo che sia (agevole, ordinata, prevedibile) ma è quella che è. Le persone creative, così come le squadre vincenti, sono quelle che, in tale realtà, riescono a dare il meglio si sé.

Possiamo domandarci, allora: “Nonostante questa situazione difficile, quali strategie posso attuare per raggiungere il mio obiettivo?”.


2. “O troveremo una strada, o ne apriremo una” (Annibale)

Questa frase, suggerita dall’amico Sebastiano Zanolli, rende perfettamente l’idea della determinazione. Julio ha ribadito più volte l’importanza di concentrare tutte le energie della squadra sull’obiettivo, senza timori o ripensamenti. Ha ricordato anche lo stratagemma utilizzato da Hernán Cortés, il condottiero spagnolo che nel 1519 conquistò il Messico.

Cortés, giunto sulle coste messicane, vide che i suoi marinai avevano ormeggiato le navi con la prua verso il mare, pronti a fuggire in caso di difficoltà. Durante la notte, allora, fece bruciare le navi e ai marinai timorosi che chiedevano che cosa avrebbero fatto in caso di sconfitta rispose: “Resta solo una possibilità … vincere e tornare a casa con le navi del nemico!”.

Le soluzioni più innovative sono state conseguite da team e aziende che hanno deciso di procedere, con determinazione, nella realizzazione di una nuova idea.

Domandiamoci: “Quali sono le ‘vie di fuga’ che rischiano di sottrarre energie al nostro progetto?”, “In che modo posso ‘bruciare le navi’ e favorire la concentrazione del mio team?”.


3. “Ciò che pensiamo già di sapere ci impedisce di imparare cose nuove” (C. Bernard)

Le squadre vincenti sono quelle che non smettono mai di imparare, quelle che riescono a cogliere sfumature sempre più “sottili” nel lavoro da svolgere.

Velasco suggerisce a tutti, sportivi e manager, di imparare qualcosa di nuovo al di fuori del proprio contesto di lavoro. Iscriversi a corsi di cucina, di bricolage, di danza (Julio frequenta un corso di tango) consente di rafforzare e di vivacizzare le nostre abilità di apprendimento.

Più volte anch’io ho suggerito di introdurre frequenti variazioni nelle modalità lavorative, nelle letture, nei corsi da seguire, per arricchire il più possibile il bagaglio delle nostre conoscenze.

Chiediamoci: “Come posso migliorare le mie capacità di apprendimento?”, “Che cosa mi piacerebbe imparare (al di fuori del mio ambito lavorativo)?”

4. “Evitare la cultura dell’alibi” (Velasco)

Nello sport, così come nella vita lavorativa, prima o poi capita di sbagliare. Julio ci ha confidato che una delle cose che lo fanno più innervosire è la reazione dei giocatori che, davanti ad un errore, non si prendono le loro responsabilità.

Negare uno sbaglio, oltre ad essere un atteggiamento arrogante, rappresenta, per Velasco, uno “spreco” di energia che, invece, potrebbe essere utilizzata per trovare una soluzione.

In situazioni di questo genere possiamo reagire in due modi: cercare un “capro espiatorio”, denigrarlo e lasciare le cose come stanno, oppure domandarci perché è stato commesso l’errore, analizzarlo e individuare, insieme, dei rimedi adeguati.

Numerose tecniche di creatività si focalizzano prima sull’analisi dei fattori che hanno contribuito al verificarsi dell’errore e poi sulle possibili strategie risolutive. Questo approccio consente di creare una situazione di apprendimento e di condivisione, di risolvere il problema e di migliorare le relazioni tra le persone.

Domandiamoci: “Come tendiamo a reagire quando sbagliamo?”, “Come possiamo agire la prossima volta che ci troviamo di fronte ad un errore (nostro o altrui)?”.


5. “Far vedere è meglio che spiegare, far fare è meglio che far vedere” (Velasco)

Per favorire l’apprendimento e la crescita di un team, è molto importante dare l’esempio. Il leader di un gruppo deve mostrare le modalità di lavoro e il comportamento che vuole vedere realizzato dagli altri.

Julio suggerisce di seguire, nella formazione sportiva (ma anche in quella alla creatività, aggiungo io), un percorso graduale centrato su questi tre steps:

- abituare: introdurre degli esercizi quotidiani che, con il tempo, devono diventare “naturali”;
- insegnare: fornire conoscenze teoriche e pratiche su un certo argomento;
- allenare: praticare quello che la persona ha già imparato, per perfezionarlo e portarlo al miglior livello possibile.

L’efficacia dell’apprendimento esperienziale, d’altra parte, è nota da tempo; diversi autori (John Dewey, David Kolb, Kurt Lewin, Jean Piaget, ecc.) hanno evidenziato le potenzialità dell’esperienza diretta e concreta, rafforzata dalla riflessione individuale e in gruppo.

Questo approccio si dimostra particolarmente utile per sviluppare le abilità di problem solving, per imparare a fronteggiare in prima persona situazioni complesse, per rafforzare i comportamenti più creativi.

Possiamo chiederci: “Come posso utilizzare questo approccio nel mio lavoro?”, “In quali modi posso stimolare i miei collaboratori a migliorare sempre più?”.
6. “Chi vince festeggia, chi perde spiega” (Velasco)

Le vittorie più importanti, ha ricordato Velasco, sono contro di noi e i nostri limiti. Se scegliamo di affrontare, a viso aperto, le nostre paure, le nostre lacune, i nostri difetti, siamo sulla strada verso il successo.

Quando si vince, nello sport come nel lavoro, tendiamo a festeggiare senza fare particolare attenzione ad analisi e verifiche, mentre quando si perde cominciano i “processi” ai giocatori e all’allenatore.

L’insuccesso rappresenta, secondo me, un’importante occasione di verifica e di crescita: “L’unico vero fallimento”, come ricorda il filosofo Antony Grayling, sta nel permettere alla sconfitta di avere la meglio su di noi”.

Julio esorta, invece, ad imparare molto anche dalle vittorie, valutando i nostri meriti e, contemporaneamente, quelli dell’avversario, cercando di individuare le abilità che possiamo ulteriormente migliorare.

Scegliere di giocare contro i più forti è un altro suggerimento prezioso per verificare le nostre capacità e perfezionare la nostra preparazione. Accogliere impegni lavorativi sempre più sfidanti ci stimola a dare il meglio e ad incrementare la nostra creatività.

Domandiamoci: “Chi è molto bravo nel nostro ambito lavorativo?”, “Che cosa possiamo imparare da lui/lei?”.


Un simpatico epilogo

Alla fine della relazione di Velasco è stato riservato uno spazio per le domande. Alcune mi sono sembrate interessanti (come riconoscere i talenti, come favorire il lavoro in gruppo, ecc.), altre decisamente banali.

Verso la conclusione della giornata ho colto l’opportunità di chiedere a Velasco se l’umorismo fosse un ostacolo o un aiuto alle performance di un team: secondo te, cosa mi ha risposto?

Ha confermato, ancora una volta, l’importanza dell’umorismo per ridurre la tensione e lo stress, per rendere più piacevoli trasferte ed attese, per creare unione e affiatamento nel team.

Fonte:“Come gestire se stessi e gli altri in una società complessa”, Julio Velasco.


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