1. Garmin Forerunner 305

    23 luglio 2010 by Emiliano Adinolfi

     

     

    TEST ATLETICI RITIRO PRECAMPIONATO 2010/2011

    A.S.D. CECCANO CALCIO

    MONITORAGGIO CORSA,ANDATURE,VELOCITA’

    Il Forerunner 305 è dotato di un cardiofrequenzimetro wireless che consente anche il monitoraggio delle funzioni cardiache e protocolli di allenamento, in modo da ottimizzare le proprie prestazioni, di massimizzare la resa dei programmi di allenamento. La più importante novità rispetto ai modelli precedenti è costituita dall’adozione di un ricevitore GPS SiRFStar III ad altissima sensibilità, che consente una precisione veramente superiore ed una ricezione ottimale anche nelle condizioni più svantaggiose, come nel folto di un bosco o nelle vie cittadine limitate da palazzi alti.

    Garmin Forerunner 305, nel 95% dei casi, ha una precisione di posizione minore di 10 metri RMS ad una velocità a tasso costante pari a 0,05 metri al secondo. Questa è soggetta ad una diminuzione di accuratezza fino a 100 metri 2DRMS in caso di attuazione del programma di Disponibilità Selettiva da parte del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Le carte sono aggiornate di continuo, ogni secondo, l’acquisizione a caldo avviene in meno di 38 secondi, a freddo in meno di 45, altolocate in circa 5 minuti. La posizione viene fornita tramite i dati di longitudine e latitudine. La mappa elettronica sul display mostra la posizione attuale, insieme alle eventuali posizioni marcate, e quando si naviga verso la posizione di inizio o verso una posizione salvata, una freccia indica la direzione di viaggio. Il computer di viaggio fornisce informazioni riguardo alla velocità istantanea, la velocità media e la velocità massima del passo, il tempo e la distanza di marcia. Il dispositivo è provvisto di un cronografo automatico che si ferma automaticamente con il passo di riposo. Garmin Forerunner 305, grazie al software Training Center fornito su CD, presenta diverse funzioni: Auto Lap consente la rilevazione automatica dei dati sul giro e si possono memorizzare fino a 1000 giri; un’altra funzione avverte con allarme sonoro quando si raggiungono tempo e distanza impostati oppure quando si sta viaggiando ad andatura superiore o inferiore a quella prefissata; si possono impostare intervalli personalizzati di allenamento e riposo o gareggiare con un concorrente virtuale. Il dispositivo permette di scegliere il profilo di allenamento più adatto alle diverse attività praticate oppure allenarsi lungo un circuito registrato per raggiungere obiettivi di velocità e tempi prefissati nei diversi punti del tracciato. Garmin Forerunner 305 calcola le calorie consumate, è provvisto di cardiofrequenzimetro e con la funzione AutoLearn è possibile, dopo una serie di allenamenti, l’individuazione automatica della zona di frequenza ideale. Si possono programmare allarmi sonori per le variabili tempo, distanza, passo e frequenza cardiaca.


  2. Test Bisciotti Arcelli Sagnol

    16 giugno 2010 by Emiliano Adinolfi

    Il protocollo del B.A.S test si compone, come detto, di due sole prove, la prima una percorrenza massimale sulla distanza dei 2000 metri e la seconda, da effettuarsi sempre a velocità massimale, sui 3000, da svolgersi preferibilmente almeno a 48 ore di distanza l’una dall’altra. Il B.A.S test, che è stato validato attraverso un protocollo scientifico (Bisciotti e coll., 2000, Bisciotti e coll., 2001), permette quindi di ottenere dei dati affidabili, corrispondenti alla velocità di percorrenza a ritmo di soglia anaerobica, con l’utilizzo di un attrezzatura veramente ridotta al minimo: un semplice cronometro. Una volta corse le due distanze, si devono esprimere in secondi i tempi impiegati, la qual cosa si ottiene moltiplicando per 60 il numero dei minuti ed aggiungendo il numero che esprime i secondi; 11’46″ sui 3000 metri e di 7’38″ sui 2000 metri, per esempio, corrispondono a 706 e a 458 secondi. Si applica poi questa formula:

    lunghezza della distanza maggiore (3000 m) – lunghezza della distanza minore (2000 m)tempo sui 3000 m – tempo sui 2000 metri. t3 – t2

    Nel nostro caso si ha:

    3000 m – 2000 m 1000 m
    ——————— = ————- = 4,03 m/sec
    706 sec – 458 sec 248 sec

    Quella ricavata può essere definita “velocità critica” e corrisponde piuttosto bene alla soglia anaerobica. E’ espressa in metri al secondo; se si vuole trasformarla in chilometri all’ora, si deve moltiplicare per 3,6 il valore ricavato. Nel nostro caso si ha: 4,03 x 3,6 = 14,508 km/ora. La determinazione della velocità corrispondente alla soglia anaerobica, anche se costituisce un argomento non privo di polemiche, rappresenta comunque un importante indice nel controllo e nella pianificazione dell’allenamento, sia nell’ambito degli sport di resistenza, sia in quello degli sport di squadra come il calcio. Purtroppo la sua determinazione richiede l’impiego di attrezzature specifiche, relativamente costose e/o l’applicazione di protocolli invasivi, non sempre graditi dall’atleta e neppure di facile esecuzione per il preparatore atletico. In effetti credo, come tutti coloro i quali si cimentino quotidianamente sul campo, che una buona parte di test, indubbiamente giustamente noti per la loro validità scientifica, siano in verità poco proponibili in condizioni reali di controllo “su campo” dell’allenamento”, proprio per la loro scarsa praticità. Da qui nasce l’esigenza di un compromesso accettabile tra validità scientifica, e quindi affidabilità dei dati raccolti, e praticità di esecuzione del protocollo del test prescelto.


  3. Telemetria cardiaca calcio: allenamento e match

    1 giugno 2010 by Emiliano Adinolfi

    telemetria

     

     

     

     

     

     

     

     

    Dopo aver approfondito uno dei metodi più innovativi nel calcio moderno chiamato match analysis, spostiamo la nostra attenzione su un altro strumento tecnologico utilizzato in allenamento e in gara,la telemetria cardiaca. Molti club professionistici di grande livello, hanno investito molto sulla prevenzione degli infortuni e il potenziamento dello staff tecnico al fianco del responsabile della prima squadra. Infatti molte figure professionali sono entrate a far parte stabilmente nei quadri tecnici delle società: preparatori atletici e fisici, psicologi dello sport, esperti di alimentazione, motivatori, analisti della prestazione e scouting. La telemetria è un sistema che permette di monitorare la frequenza cardiaca di una persona durante l’allenamento, in totale libertà, senza limitarne il movimento con collegamenti wireless. Visualizzando la frequenza cardiaca in tempo reale e fornendo una valutazione immediata della performance, il sistema permette un’analisi tempestiva e precisa della reazione alle sollecitazioni nelle varie fasi dell’attività fisica. In questo modo garantisce a ciascuno il raggiungimento controllato dei propri obiettivi di allenamento. Il sistema è composto da un trasmettitore indossato insieme a una fascia toracica che misura la frequenza cardiaca, da un ricevitore e dal software.Il trasmettitore intercetta la frequenza cardiaca degli sportivi misurata dalla fascia toracica ed in tempo reale invia i dati al ricevitore e da questo al computer dove il software li elabora e li visualizza in modo chiaro ed efficace anche attraverso semafori e tavole di facile lettura. Il software elabora la frequenza cardiaca determinando e aggiornando in tempo reale i valori minimi, massimi e medi, il consumo calorico teorico e il consumo teorico d’ossigeno. Terminata la seduta d’allenamento memorizza con un solo comando le registrazioni di frequenza cardiaca di tutti i soggetti contemporaneamente, senza dover scaricare ed elaborare singolarmente i dati di ogni individuo. Con questo sistema altamente tecnologico è possibile monitorare un esercitazione tattica, controllando lo sforzo specifico per ogni ruolo.


  4. Core Stability nel calcio

    11 maggio 2010 by Emiliano Adinolfi

     

     

     

     

     

     

     

     

    Il termine “Core Stability” è diventato recentemente molto in voga e spesso abusato.
    Tuttavia la sua popolarità ha dei fondamenti concreti ed una stabilizzazione efficace deve essere presa in considerazione in volta che si affrontino temi come prestazioni a livello agonistico, prevenzione di dolori, lesioni e riabilitazione.
    Infatti il risultato funzionale di una ottimale “Core Stability” è la capacità di operare un adeguato controllo motorio e quindi di mantenere una postura corretta particolarmente della zona lombare e pelvica, che rappresentano due distretti delicati di ogni sportivo, ma anche di un qualunque individuo nello svolgimento delle attività quotidiane. Ad esempio, in tutte le attività che comportano la corsa, una ottimale “Core Stability” permette all’atleta di applicare le sue forze in modo più efficace (correre più velocemente), riducendo contemporaneamente il rischio di infortunio e di re-infortunio.
    I muscoli che sono coinvolti nella stabilizzazione del “Core” sono principalmente:

    - il traverso dell’addome
    - gli obliqui esterni
    - gli obliqui interni
    - il retto addominale
    - il quadrato dei lombi
    - i dorsali
    - il multifido

    In effetti, è interessante notare che sin dal 1920 Joseph Pilates parlava già di sviluppare una “cintura di forza” imparando a reclutare i muscoli profondi del tronco. Pur senza una completa conoscenza dell’anatomia e dei vantaggi che oggi offrono le ricerche sull’attività muscolare, lui era già consapevole dell’importanza di questi muscoli e del loro effetto di supporto.
    Poco più di una decade fa, il concetto di “Core Stability” ha ricevuto una nuova spinta evolutiva grazie agli studi sulla colonna lombare e sulle disfunzioni e lesioni ad essa associate.
    Hodgs e Richardson hanno descritto l’area della colonna lombare e dei lombi come intrinsecamente instabile. In termini pratici questo significa che la colonna lombare affida la sua stabilità ai muscoli che supportano attivamente quest’area, in accordo con quanto trattato a proposito del modello di Panjabi. Questo “supporto” attivo ha origine da 4 meccanismi; la tensione dalla fascia toraco-lombare; pressione intra-addominale; muscoli paraspinali e gli estensori lombari profondi.
    La fascia toraco lombare (FTL) può fornire un supporto elastico alla zona lombare attraverso l’attività dei muscoli profondi del tronco.
    Il trasverso dell’addome (TrA) e i muscoli obliqui interni (IO) si connettono entrambi alla FTL. Questa fascia avvolge la colonna, collegando ad essa i muscoli profondi del tronco. Quando il TrA si contrae, aumenta la tensione sulla FTL che in risposta trasmette un forza di compressione alla colonna lombare, aumentandone la stabilità. Inoltre l’aumento della tensione della FTL, comprime i muscoli erettore della colonna ed il multifido, incoraggiando questi alla contrazione ed a resistere alle forze di flessione sulla colonna. Il meccanismo di pressione intra-addominale (IAP) fornisce un elemento di supporto all’intera area lombare. Una contrazione del pavimento pelvico, del trasverso dell’addome, o dell’obliquo interno e dei muscoli della parte bassa della schiena, aumentano la IAP, che in risposta, esercita una forza elastica sulla guaina del retto addominale (RA). Questa guaina avvolge il retto addominale e si collega ai muscoli obliqui interni ed al TrA, circondando l’addome.
    Questo “sacco d’aria” riduce la compressione e spezza le forze che agiscono sulla colonna.
    La ricerca mostra che la IAP aumenta prima e durante esercizi di sollevamento ed anche durante la corsa, avvallando l’idea che essa giochi un ruolo cruciale nella stabilità lombare.
    Le ricerche hanno anche dimostrato l’importanza dei muscoli profondi paraspinali e lombari in quanto stabilizzatori.
    E’ probabile che questi muscoli agiscano con una contrazione statica per resistere ad ogni estensione lombare e forze torsionali. I muscoli paraspinali – interspinali ed intertrasversali – garantiscono un effetto individuale stabilizzante sulle vertebre a loro adiacenti, agendo in modo analogo a dei legamenti.
    Si è dimostrato che il muscolo multifido risulta attivo durante l’intera gamma di movimenti della zona lombare e durante i movimenti dei lombi alti e bassi.
    Da questa breve spiegazione anatomica e della ricerca relativa ai muscoli dell’area lombare, è chiaro che i muscoli profondi del corpo – trasverso, multifido, obliquo interno, paraspinali e pavimento pelvico – sono la chiave del supporto attivo della colonna lombare e quindi della stabilizzazione della zona stessa.
    La co-contrazione di questi muscoli produce delle forze che, attraverso la FTL ed il meccanismo della IAP, stabilizzano la colonna, e i muscoli paraspinali ed il multifido agiscono direttamente nel resistere alle forze che agiscono sulla colonna lombare.
    Ulteriori studi hanno dimostrato che non è soltanto il reclutamento di questi muscoli profondi del tronco che è importante ma soprattutto come essi vengono reclutati.