1. Stretching

    22 novembre 2011 by Emiliano Adinolfi

    Stretching è un termine inglese (che significa allungamento, stiramento) usato nella pratica sportiva per indicare un insieme di esercizi finalizzati al miglioramento muscolare.

    Gli esercizi di stretching coinvolgono muscoli, tendini, ossa e articolazioni ed in gran parte consistono in movimenti di allungamento muscolare.

    Origine dello stretching

    Tutti noi, alzandoci al mattino, sentiamo il bisogno di stirarci e allungarci. Lo stesso fanno numerosi animali. Si tratta quindi, almeno in alcune sue forme, di un atteggiamento istintivo e naturale. Questo ha portato ad uno sviluppo degli studi e delle applicazioni dello stretching, oltre che ad una sua diffusione nel campo dell’educazione fisica, sia come complemento ad altri sport che come attività fisica autonoma.

    Fisiologia dello stretching

    I muscoli compiono la loro azione principalmente in due modi opposti: allungandosi ed accorciandosi. In relazione alla loro funzione quasi tutti i muscoli hanno una controparte complementare:

    • estensori e flessori
    • adduttori e abduttori
    • intrarotatori ed estraroratori

    Quando un flessore (ad esempio il bicipite brachiale) si contrae, il corrispondente estensore (il tricipite brachiale) si rilascia, e viceversa. Il principale effetto degli esercizi di allungamento è quello di portare i muscoli ed i tendini corrispondenti al loro massimo allungamento, stimolandoli.

    Quando un muscolo raggiunge in un tempo troppo ridotto il massimo allungamento, reagisce con un meccanismo di difesa che consiste in una contrazione muscolare non volontaria attuata al fine di proteggere il tessuto muscolare e connettivo da eventuali danni. Tanto più veloce sarà l’allungamento, tanto più intensa sarà la risposta del riflesso miotatico. Alla contrazione di un muscolo agonista, per effetto del fenomeno dell’innervazione reciproca o legge di Sherrington, corrisponderà un rilasciamento del suo antagonista e viceversa.

    Tipi di stretching

    A seconda della dinamica utilizzata si possono definire diverse tipologie di stretching.

    STRETCHING BALISTICO

    È una tecnica di allungamento muscolare obsoleta, molto utilizzata negli anni ’70 e ’80 (e ancora oggi insegnata in molte palestre) che consiste nel fare oscillare ripetutamente e in maniera incontrollata gli arti o il busto nel tentativo di forzare l’allungamento muscolare oltre il suo normale raggio di movimento. Questo movimento oscillatorio è del tutto controproducente in quanto attiva in maniera molto forte il riflesso miotatico.

    STRETCHING DINAMICO

    Questa tecnica assomiglia allo stretching balistico, ma differisce da essa nella modalità di esecuzione degli esercizi. Il concetto è sempre quello di far oscillare gli arti o il busto, ma in maniera controllata e lenta, quindi senza ricorrere a slanci e scatti come avviene diversamente invece nello stretching balistico.

    Il movimento consiste nello slanciare in una determinata direzione gli arti in maniera controllata e lenta arrivando a sfruttare gradatamente tutta l’ampiezza concessa dall’articolazione, evitando l’effetto rimbalzo o il molleggio che causano l’attivazione del riflesso miotatico portando il muscolo a reagire contraendosi anziché distendersi.

    STRETCHING STATICO PASSIVO

    Consiste nell’assumere una ben precisa posizione e mantenerla rilassando il muscolo interessato per un certo tempo, in genere dai 20 ai 30 secondi, mediante il supporto di un partner, senza quindi la contrazione dei muscoli agonisti (complementari a quelli che si distendono).

    STRETCHING STATICO ATTIVO

    Consiste nell’assumere una ben precisa posizione e mantenerla rilassando il muscolo interessato per un certo tempo 20-30 secondi senza l’aiuto di un partner.

    Questo tipo di allungamento prevede due fasi:

    • fase di pre-allungamento, in cui si assume la postura lentamente, inspirando prima del movimento ed espirando durante il movimento per assumere la postura voluta. Raggiunta la posizione, va mantenuta per una durata massima di 10 secondi senza raggiungere l’allungamento massimo del muscolo interessato
    • fase di sviluppo, in cui, in seguito alla prima fase, si porta il muscolo interessato al massimo allungamento, senza oltrepassare la soglia del dolore, inspirando prima del movimento ed espirando durante il movimento e assunta la posizione di massimo allungo, mantenerla per un massimo di 20 secondi

    STRETCHING ISOMETRICO

    • PNF – Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation

    Ovvero “facilitazione propriocettiva neuromuscolare”. Questo sistema è composto da quattro fasi:

    1. Massimo allungamento ma graduale e lento del muscolo
    2. Contrazione isometrica per circa 15 – 20 secondi (in posizione di allungamento)
    3. Rilassamento di circa 5 secondi
    4. Ulteriore allungamento del muscolo contratto precedentemente per almeno 30 secondi
    • CRAC – Contract Relax Antagonist Contract

    Cioè “contrazione, rilassamento e contrazione dei muscoli antagonisti”. Si differenzia dal PNF nella fase finale dell’allungamento. Prevede la contrazione dei muscoli antagonisti a quelli che si stanno allungando. In questo metodo si sfrutta il fenomeno della inibizione reciproca, che facilita il rilassamento del muscolo agonista.

    • CRS – Contract Relax Stretch

    Cioè “contrazione, rilassamento e stretching”. Questo sistema è basato su una contrazione isometrica del muscolo 10 – 15 secondi, seguita da un rilassmento di 5 secondi e un successivo allungamento.

    Effetti dello stretching

    In generale lo stretching (escludendo il tipo balistico) riduce la tensione muscolare, migliora la coordinazione e la propriocezione (cioè la presa di coscienza del proprio corpo), previene traumi muscolari e tendinei, e migliora l’escursione articolare.

    Tuttavia, l’allenamento a mantenere un allungamento per lunghi periodi genera una assuefazione del fuso del muscolo, riducendo il segnale che genera il riflesso dell’allungamento. Riducendo la soglia del riflesso miotatico vi è la potenziale possibilità di favorire certi tipi di traumi, specialmente se si effettua lo stretching prima di una gara.

    Secondo uno studio dell’esercito statunitense gli sportivi molto flessibili e quelli scarsamente flessibili hanno una probabilità più che doppia di incorrere in infortuni rispetto a chi ha una flessibilità nella media.

    Dunque è ragionevole suggerire una moderazione nelle attività di allungamento, ed un controllo del programma di allenamento da parte di personale qualificato.

     


  2. Esercizi propriocettivi nello sport

    19 luglio 2011 by Emiliano Adinolfi
    Nella  pratica  sportiva gli  esercizi  propriocettivi  devono  essere
    svolti,  soprattutto,  da  tutti  gli  atleti  che  praticano  un’attività
    sportiva nella quale il salto è una componente primaria ( pallavolo,
    pallacanestro,  calcio,  pallamano,  ecc.).  Nella  ricaduta  infatti,
    quando  il piede è appoggiato al  suolo dopo una  fase più o meno
    lunga di volo, deve sopportare e contrastare tutte quelle forze che
    il corpo ha acquistato prima e durante il volo stesso,
    quindi  mantenendo  una  perfetta  stabilità  in  tutta  la  fase  di
    ammortizzazione.In  genere  quando  un  atleta  compie  un  salto,  e
    non è contrastato in volo da nessuna forza esterna, può prevedere
    il  punto  di  caduta  avendo  una  notevole  facilità  nel  controllare,
    seppur inconsciamente, l’appoggio del piede al suolo.
    Se  invece,  durante  il  salto,  l’atleta  riceve  un  urto,  può  essere
    costretto  a  scomporsi  in  volo modificando  la  traiettoria  del  suo
    baricentro,  cosa  che  rende  incontrollata  la  ricaduta  ed  il
    conseguente appoggio sul terreno. Per ridurre i rischi di incidenti,
    è importante che ogni arto abbia un’attività posturale stabile anche
    durante  la  fasi  di  ammortizzazione  senza  che  si  possano  creare
    scompensi e quindi perdita del controllo motorio.
    Lo scopo delle esercitazioni propriocettive preventive deve essere
    quello  di  rendere  più  rapido  ed  automatico  il  controllo  della
    muscolatura  in  considerazione  del  fatto  che  durante  il  gioco  si
    possono sviluppare azioni imprevedibili e talvolta violente.
    Gli esercizi propriocettivi di prevenzione, basati sulla progressiva
    capacità  di  resistere  agli  squilibri,  danno  la  possibilità  di  un
    appoggio del piede sempre corretto, stimolando la muscolatura in
    modo  da  evitare  delle  contrazioni  isolate,  sollecitando  gruppi  o
    combinazioni di gruppi muscolari. La ripetizione dell’esercizio fa
    acquisire sicurezza, rapidità e precisione al gesto.
    Ovviamente,  tale  forma  di  allenamento  è  particolarmente
    importante per  soggetti predisposti a  traumi distorsivi  (caviglia e
    ginocchio) e come azione preventiva per quelle fasi di gioco in cui
    la stanchezza fisica compare in maniera rilevante.

  3. Mobilità Articolare Calcio

    4 luglio 2011 by Emiliano Adinolfi

    La mobilità articolare è la capacità di utilizzare la massima escursione articolare possibile, nei limiti fisiologicamente imposti dalle articolazioni, dai muscoli e dalle strutture tendinee. Pertanto, permette di compiere movimenti ampi, ma ha come caratteristica quella di peggiorare se non viene allenata in modo costante. Occorre sottolineare che influenza i movimenti di qualsiasi disciplina, non solo dal punto di vista armonico e coordinativo, ma anche in relazione all’espressione della potenza del movimento, quindi della forza e della velocità di esecuzione. Per questo motivo, molti autori inseriscono questa capacità in una posizione intermedia tra le capacità condizionali (forza, velocità e resistenza) e quelle coordinative.

    Il fattore principale di limitazione della mobilità articolare è costituito dalla struttura dell’articolazione stessa, cioè dal rapporto di contatto dei segmenti ossei dell’articolazione interessata.

    Questo rapporto ha scarsa possibilità di essere modificato, mentre gli altri fattori che la influenzano sono controllabili e allenabili; fattori quali:

    • il grado di estensibilità della struttura tendinea, dei legamenti e quello muscolare;

    • la temperatura ambientale in cui si trova l’atleta;

    • il riscaldamento più o meno efficace.

    Da allenare sempre

    Spesso si confonde la mobilità con altre caratteristiche come l’elasticità, dimenticando che quest’ultima è la capacità di utilizzare energia elastica derivante da contrazioni di allungamento-accorciamento eseguite velocemente. Essendo una componente essenziale per la realizzazione dei movimenti, deve essere tenuta in grande considerazione. La mobilità è dunque una capacità che deve essere migliorata in ogni seduta e mantenuta a livelli ottimali in ogni fascia di età, a prescindere dalla categoria. Il mantenimento di buoni parametri passa attraverso l’esecuzione di movimenti di grande estensione, eseguiti spesso senza l’utilizzo della palla proprio per ricercare l’ampiezza.

    Il fatto di svolgerli senza l’attrezzo del calciatore, vale a dire la palla, può causare una sorta di monotonia, poiché le proposte sono spesso simili. Per questo motivo, può essere utile l’acquisto – si tratta di una spesa minima, bastano pochi euro – di un rotolo di nastro segnaletico,con il quale creare dei percorsi di mobilità ed eventuale rapidità da inserire in ogni momento e con varie finalità. Il nastro, dunque, legato ai classici paletti, può trasformarsi in ostacoli di varie altezze e lunghezze, permettendo l’esecuzione di movimenti di grand’ampiezza e soprattutto è semplice creare circuiti sempre nuovi e a costo zero.

    Quando inserirli

    La mobilità deve essere obbligatoriamente allenata nella fase di riscaldamento. I benefici della “messa in azione” sono molteplici e riconosciuti da tutti. Grazie a questa fase, i sistemi enzimatici importanti per il metabolismo nel muscolo riscaldato sono più attivi e tutti i processi chimici si svolgono più rapidamente. Le qualità meccaniche della muscolatura e dei tendini migliorano con l’aumento di temperatura dovuto all’esecuzione del movimento. Vi è un incremento dell’elasticità, della capacità d’allungamento e di quella di rilassamento e di contrazione. Attraverso questa fase iniziale, è più elevato il volume ematico, che aumenta l’irrorazione sanguigna dei tessuti impegnati nel movimento.

    Le articolazioni migliorano il contenuto di fluidi favorendo i movimenti e prevenendo problematiche muscolari. L’esecuzione di movimenti di grande ampiezza combatte l’accorciamento della muscolatura che, oltre ad aumentare la possibilità d’infortuni muscolari, riduce lo sviluppo della forza dei muscoli antagonisti. Si favorisce, dunque, l’ampiezza di movimento dei muscoli agonisti limitando al minimo la trazione esercitata dalla muscolatura antagonista, solitamente poco estensibile. Questi esercizi possono essere inseriti, inoltre, durante le pause di recupero e durante le esercitazioni di forza o quelle più intense.

    Quali movimenti?

    Quelli da compiere sono di escursione articolare sul piano frontale e sagittale, vale a dire sia anteriormente e posteriormente, sia lateralmente. L’obiettivo, pertanto, è quello di dare ampiezza e armonia, soprattutto ai movimenti delle articolazioni degli arti inferiori in modo da conservare o restituire alle articolazioni e alla muscolatura la piena funzionalità.

    Accorgimenti

    Occorre procedere nell’esecuzione dei movimenti in modo graduale e progressivo, onde evitare piccole problematiche muscolari. Cercate di mantenere il tronco in posizione eretta durante i movimenti degli arti inferiori. In questo modo si sfrutta appieno l’escursione articolare della zona interessata.

    Roberto De Bellis – Preparatore Atletico www.ilnuovocalcio.it

     

     

     


  4. Alimentazione & Sport

    6 maggio 2011 by Emiliano Adinolfi

    Esiste un nesso evidente fra alimentazione e attività fisica, infatti una adeguata nutrizione è alla base di ogni prestazione fisica.

    E’ grazie alla liberazione dell’energia contenuta negli alimenti che noi possiamo compiere il lavoro fisico. Gli alimenti sono costituiti di carboidrati, proteine e grassi, oltre che di sostanze come vitamine, minerali e altro. I primi, chiamate macronutrienti, sono responsabili di fornire energia e costruire “l’impalcatura” del nostro organismo. I carboidrati forniscono l’energia necessaria per le normali attività della vita quotidiano e per lo sport, inoltre permettono di “risparmiare” le proteine come substrato energetico e funzionano da innesco per il metabolismo dei grassi.

    Si ritrovano nei cereali, nella frutta, nella verdura ma anche nelle foglie, corteccie e tronchi degli alberi (cellulosa).

    Le proteine, presenti nei tessuti animali e vegetali, sono costituite da un numero variabile dei 20 aminoacidi. Otto di questi aminoacidi non possono essere sintetizzati dal nostro organismo e pertanto devono essere necessariamente introdotti con la dieta. Le proteine possono contenere tutti e 20 gli aminoacidi e sono dette nobili, le altre in cui manca qualcuno di questi aminoacidi sono dette incomplete.

    Proteine nobili si ritrovano nelle uova, latte, carne,formaggio. Le proteine come già accennato hanno funzione strutturale, costituiscono pertanto la struttura portante delle cellule e dei tessuti. Solo in condizioni particolari, ovvero quando le scorte di carboidrati dell’organismo sono particolarmente basse, il catabolismo proteico viene utilizzato per scopi energetici. I grassi o lipidi che si ritrovano sia nei vegetali che nei tessuti animali, si distinguono in semplici, composti e derivati. La loro funzione è quella di fornire energia durante il lavoro muscolare, oltre che svolgere funzione di protezione meccanica per gli organi e i tessuti e isolamento termico nell’esposizione al freddo. Gli acidi grassi saturi che si ritrovano nelle carni, nel tuorlo e nei formaggi, se assunti in elevate quantità aumentano la concentrazione di colesterolo, a sua volta messo in relazione come fattore di rischio per lo sviluppo di coronopatie.

    Questo è in estrema sintesi il ruolo dei nutrienti, e le loro fonti principali di approvvigionamento. Chiaramente l’atleta agonista, ma anche la persona che pratica sport per diletto, deve adeguare l’ alimenazione al tipo di attività svolto, al periodo agonistico e anche alle proprie abitudini di vita.


  5. Lavoro tattico e fisico:è possibile?

    23 marzo 2011 by Emiliano Adinolfi

     

    Lavoro tattico e fisico:è possibile?

    Pensiero condiviso da tutti i giocatori, da molti allenatori e da quei preparatori che vedono nel lavoro tecnico tattico una buona occasione per far lavorare in maniera specifica e motivante i calciatori.

    In un precedente articolo apparso su questo blog ho riportato i risultati di un breve studio improntato sul confronto tra lavori “ a secco” e lavori con la palla, risultati che sostenevano la validità del lavoro con la palla a patto che lo stesso fosse svolto con determinati criteri e monitorato. Le conclusioni del lavoro infatti determinavano una pari possibilità, tra lavori con la palla e senza palla, di raggiungere l’obiettivo organico ricercato in un determinato allenamento, con l’unico limite legato alla possibilità di controllare il carico effettivo del lavoro con la palla. A questo punto aggiungerei, provocatoriamente, una nota: il 75-80% del complessivo lavoro di un calciatore viene svolto con la palla e solo il 20-25% senza. Se anche di questa parte posso sapere tutto (Potenza sviluppata, velocità, frequenze cardiache, etc.), cosa so dell’altra e più corposa parte se non la verifico? E, soprattutto, quanto può essere determinante il contributo di quel 20-25% rispetto al 75-80′% nel risultato finale?

    Per cercare di capirne un po’ di più, con altri colleghi abbiamo iniziato ad indagare, da diverse stagioni, su quali possano essere le modalità e le variabili che maggiormente incidono sull’orientamento delle esercitazioni con la palla.

    Numero di giocatori, numero di tocchi, dimensioni del campo, regole particolari, ciascuna di queste voci può determinare teoricamente un cambiamento radicale nell’intensità dell’esercitazione, provocando un cambiamento degli obiettivi del lavoro. Ma in quale misura queste caratteristiche tecniche incidono sul risultato finale dell’esercitazione? In un lavoro precedente effettuato con dei giocatori , avevo verificato che la dimensione del campo ha piu’ influenza sull’intensità del lavoro che non il numero di tocchi. Un possesso palla 4 contro 4 in un campo 20x40m effettuato per 3’, è molto piu’ impegnativo ad esempio (dal 92 al 100% HRM) rispetto al medesimo lavoro svolto su di un campo 20x30m (dal 84 al 95% HRM), anche se, è giusto ricordarlo, l’impegno muscolare nel secondo caso risulta, a sensazione del giocatore, maggiore.
    Collaborando con diversi allenatori e con squadre di diverse categorie, ho provato a verificare sul campo se alcune esercitazioni, che venivano abitualmente utilizzate come mezzi allenanti per determinate qualità fisiologiche, fossero realmente in grado di centrare l’obiettivo. Dovendo effettuare un lavoro condizionante per incrementare la capacità lattacida specifica e la potenza aerobica, a 60 giocatori (40 professionisti, appartenenti a due diversi club della serie C1, e 20 dilettanti) dei quali era nota la massima frequenza utile e la frequenza di soglia (dati ottenuti attraverso il test di Leger) è stata proposta un’esercitazione di possesso palla 5 contro 5, in un campo 20x40m, della durata di 4’ con 2’ di recupero tra ciascuna esercitazione, per un totale di 3 esercitazioni per ciascun gruppo.
    Durante il lavoro, avevamo come obiettivo quello di far lavorare i giocatori tra l’85 ed il 95% della massima frequenza cardiaca (HRM). Tale lavoro è stato effettuato per 3 allenamenti da ciascun gruppo, a distanza di una settimana uno dall’altro. Con gli allenatori avevamo stabilito che, durante l’esercitazione, avremmo chiesto ai giocatori di eseguire l’esercitazione ad un tocco, a due tocchi ed a tocco libero in modo da, così si supponeva, rendere piu’ o meno impegnativa l’esercitazione. Normalmente, infatti, si pensa che un’esercitazione con la palla ad un tocco sia piu’ impegnativa di una a tocco libero. Con il sistema di telemetria cardiaca Hosand TM 200 potevo monitorare l’intensità del lavoro e suggerire all’allenatore se e quando modificare il numero di tocchi.
    Con tutti e tre i gruppi di lavoro abbiamo verificato che, a differenza di quanto si era supposto, non vi era una marcata differenza tra le fasi ad un tocco, a due tocchi od a tocco libero, indipendentemente dall’ordine in cui le stesse venivano proposte. Il lavoro veniva comunque svolto dalla maggior parte dei giocatori all’interno dei limiti cardiaci richiesti, con differenze che oscillavano dal 1 al 3% tra le diverse fasi ma non in modo costante (in alcuni giocatori l’impegno maggiore non coincideva sempre con la stessa quantità d tocchi imposta). Nei professionisti c’era effettivamente una leggera differenza a favore del lavoro ad un tocco ma in misura poco significativa (meno del 2%), mentre nei dilettanti si è verificato l’esatto opposto: il lavoro piu’ faticoso risultava essere quello a tocco libero, con una differenza di poco superiore al 3% rispetto al lavoro ad un tocco. Abbiamo ipotizzato che tale risposta nei dilettanti possa essere dovuta, oltre che al maggior dispendio energetico che la corsa con la palla impone, anche allo scarso livello tecnico dei giocatori che, compiendo molti errori nelle esercitazioni ad uno e due tocchi, trovano nel lavoro a tocco libero l’unico momento in cui realmente impegnarsi per recuperare la palla.

    Pur limitatamente ad esercitazioni di possesso palla, questi dati ci forniscono la possibilità di suggerire all’allenatore l’utilizzo di una variabile (la dimensione del campo) piuttosto che un’altra (il numero di tocchi) per determinare una maggiore o minore intensità del lavoro.

    Altri lavori molto interessanti sono stati sviluppati da altri gruppi di lavoro su temi simili, con risultati particolarmente interessanti dal punto di vista pratico (vedi anche l’articolo: Variabili che influenzano l’intensità nelle esercitazioni con la palla di Ermanno Rampinini, Franco M. Impellizzeri, Carlo Castagna, Agostino Tibaudi e Samuele Marcora.

    Tratto da calciatori.com